PER UNA COMUNITÀ AMICHEVOLE


Articolo della geriatra dott.ssa Luisa Bartorelli

Dai paesi anglosassoni è pervenuto ormai da tempo il concetto di friendly community, come luogo di accoglienza della fragilità di persone che rischiano lo stigma e l'esclusione sociale.
In Italia ha trovato terreno fecondo nel pensiero forte degli esperti e nella disponibilità delle persone di buona volontà, ma stenta ancora a realizzarsi per le grandi difficoltà organizzative e decisionali predominanti nel nostro paese.
Desiderosi di dare un contributo alla realizzazione non virtuale, ma concreta di tale concetto intelligente, cerchiamo di definirlo nei riguardi della nostra vocazione assistenziale.
La comunità amichevole per le persone con demenza è un luogo dove possono essere aiutate a vivere con significato, scopo e valore, mantenendo le loro aspirazioni, fiduciose di poter partecipare e contribuire alle attività che ritengono importanti.
è in grado una piccola comunità come Tolfa di rispondere a tali obbiettivi?
Sicuramente sì, visto che "piccolo è bello" e che la cittadina ha già espresso una vocazione sociale tramite la realizzazione di Quinta Stella, che potrebbe diventare una base per la diffusione dei concetti e degli obbiettivi, sostanzialmente due:

1) Favorire un contesto sociale che sia il più possibile vivibile per le persone con demenza e le loro famiglie, consentendo una normale quotidianità: passeggiare tranquillamente per le strade, frequentare i negozi, i luoghi di ristoro e naturalmente anche la chiesa...
2) Dimostrare che c'è un miglioramento della qualità di vita per tutti, in quanto favorire le relazioni e proiettarsi verso chi ha bisogno dà un valore aggiunto a qualsiasi individuo.
Perciò è importante stimolare fra tutti i cittadini un'alleanza strategica, volta al rispetto della dignità e della libertà della persona, indipendentemente dal suo stato cognitivo.
Non si tratta di costruire un recinto riservato alle persone con demenza, ma esattamente il concetto opposto, quello di una cittadina aperta e gioiosa, dove tutti trovano accoglienza senza barriere, vecchi e giovani, sani e ammalati. Non certamente un luogo-ospedale, ma un luogo-ospitale, dove ci sia spazio per chi si trova nel disagio.
Tale luogo dovrebbe cadenzare, all'interno della sua vita normale e senza modifiche dei ritmi cittadini, la quotidianità di chi non può più ricordare, costruendo ponti tra la persona e il suo ambiente vitale, quasi una protesi che sostituisca quanto è stato cancellato dalla malattia.
Per realizzare tutto ciò è opportuno prevedere una sensibilizzazione delle persone che hanno particolari funzioni come i vigili urbani, le forze di polizia, i vigili del fuoco, ma anche i commercianti, il personale delle banche e dei bar e in genere tutti gli abitanti, che dovrebbero considerare come concittadini normali le persone affette da demenza.
Ruolo importante sarà anche quello dei religiosi, sia perché l'attaccamento alla chiesa permane a lungo in queste persone, ma anche per il sostegno morale da dare alle famiglie. I giovani che frequentano le scuole dovrebbero essere formati, sia sulla demenza in senso stretto, sia sul comportamento da tenere con i malati in famiglia o nei vari luoghi di incontro collettivo.
Prospettiva o utopia? Conviene comunque preservare un modello che può darci tutte le risposte che desideriamo in termini di diritti e di dignità.



Dopo qualche anno di attività, al servizio degli anziani e in particolare delle persone con demenza, vogliamo creare una svolta nel campo della comunicazione con l'ambiente che ci circonda, più intensa e diretta di quella che già è stata una nostra caratteristica nella relazione tra operatori e familiari.
Vogliamo aprire appunto una finestra sul mondo esterno, rivolgendoci non più solo ai diretti interessati, ma a tutto quanto riguarda l'ambito della fragilità.
Infatti sentiamo l'obbligo di allargare i nostri orizzonti a un territorio che si è dimostrato disponibile a migliorare la qualità di vita dei loro cittadini, attraverso cultura, innovazione, formazione, specifici saperi indispensabili.
In quale modo la nostra finestra intende aprirsi?
Dalla piazza, che riprende il senso di accoglienza della Piazza del Popolo all'entrata di Quinta Stella, possono giungere interrogazioni, interviste, richieste su ogni argomento attinente il mondo degli anziani e delle persone affette da Alzheimer, alle quali una task force risponde attraverso una gestione integrata della finestra.
Infatti, impegnati nel dialogo con l'esterno, sono presenti esperti diversi: medici, psicologi, assistenti sociali, infermieri, terapisti della riabilitazione e altri operatori sociosanitari, ciascuno col proprio sapere, ma senza mai perdere di vista la centralità della persona che richiede risposte uniche e complesse.
La Direzione di Quinta Stella esprime così la speranza di dare un contributo concreto alle famiglie, affacciandosi all'esterno con le esperienze maturate in questi anni di lavoro, condiviso e discusso con i propri operatori.

COLTIVARE L'INTELLIGENZA EMOTIVA
E' questo il titolo di un libro, da poco apparso nella traduzione italiana, che anche se si riferisce in particolare a un modello ecologico, che apparentemente sembrerebbe lontano dal nostro, mi ha profondamente colpito e spinto ad una riflessione che vorrei condividere con le persone che mi sono vicine.
L'intelligenza, che è costruita a largo raggio da tanti fattori, dal pensiero astratto al ragionamento, dalla memoria al linguaggio, dalla percezione alla consapevolezza, insomma globalmente da tutta l'intera cognitività, è in effetti molto influenzata nelle sue espressioni dal tono dell'umore, dai tratti caratteriali, dall'emotività.
Se pensiamo alle nostre persone care, alle quali durante il decorso di malattia si appannano tali fattori, fino alla loro perdita, allora "coltivare" fin dall'inizio e fortemente il "terreno" emozionale, può divenire motivo di prevenzione e di rassicurazione.
Siamo sempre stati gli alfieri di un approccio positivo e ottimista ai problemi, ricercando una vita più vicina possibile alla normalità per le persone che si affidano alle nostre cure, nonostante le loro perdite, ponendosi davanti alla loro instabilità e imprevedibilità con una svolta verso nuove forme e modi di pensiero e di azione.
E' proprio a quella intelligenza emotiva che si rivolgono le attività che sperimentiamo giorno dopo giorno, mese dopo mese, superando non solo gli ostacoli materiali che troviamo lungo il cammino, ma anche lo scetticismo che a volte le accompagna.
Così andiamo avanti offrendo musica, arte, poesia e tutto ciò che è stato chiamato "la memoria del bello", stimolando quei canali emozionali, sicuri di raggiungere il mondo interiore di chiunque ci stia accanto.
E' il mondo della relazione ovunque sia il luogo delle cure: la propria casa, la residenza, il caffè, il villaggio.....
La riflessione su questi temi ci induca ancor più alla speranza, alla passione, all'impegno!